L’ARCIVESCOVO TESTA E LA COSTRUZIONE DELLA STRADA-MONUMENTO FRA LA ROCCA E MONREALE

Tutti sanno che Monreale fu fondata nel XII secolo durante la dominazione normanna. In pochi, però, sanno che la cittadina fu rifondata nella seconda metà del XVIII secolo. In quegli anni le sue strade furono ampliate, la scuola riformata, il sistema idrico potenziato. Questa grande opera di urbanizzazione e decoro pubblico trova il suo autore in Francesco Testa, Arcivescovo di Monreale tra il 1754 e il 1773.

La realizzazione più evidente è la strada-monumento realizzata per collegare Monreale alla capitale.

Il cantiere viene aperto il 16 ottobre 1762: fu necessario cominciare facendo saltare le rocce e ancora nei registri del cantiere, conservati presso l’Archivio di Stato di Palermo, risultano le giornate di lavoro, i soldi pagati e la quantità di esplosivo utilizzata, i nomi delle maestranze, le informazioni tecniche sull’esecuzione dei lavori. 

Nella via-monumento le sculture sono affidate a Ignazio Marabitti, l’artista che per un trentennio mantiene un rapporto privilegiato con Francesco Testa. Partendo dalla Rocca, dirigendosi verso Monreale, la strada si apre con un ingresso sottolineato da due piloni con vasotti che recano un’iscrizione latina e greca, per rimarcare i meriti degli insegnamenti impartiti nel Seminario di Monreale. I piloni ancora in loco sono di Filippo Pennino, primo allievo di Marabitti e figlio d’arte.

La strada si delinea con due curve a gomito. All’interno della prima curva è collocata la Fontana del Pescatore, così chiamata per un fanciullo scolpito nell’atto di pescare: ha vasca circolare, putti ed elementi naturalistici. 

L’interno della seconda curva è occupato da un sedile semicircolare, delimitato da pilastri: è quanto resta di un più complesso inserto architettonico, con piramidi e iscrizioni che accompagnavano il viandante.

A metà strada nel rettilineo è posto il monumento più scenografico: la Fontana del Drago. Con il suo profilo piramidale riproduce uno schema-tipo già presente nel Seicento palermitano: il drago è metafora delle tenebre destinate ad essere sconfitte, la conchiglia in primo piano – tipica del decorativismo barocco – viene enfatizzata come simbolo di Palermo, fertile “conca d’oro” che accoglie le acque versate dal fiume Oreto. La composizione finale sfrutta il dislivello della montagna, dando l’idea che i fanciulli sfuggano al drago scalando il monte.

Nel luglio 1767 la strada è compiuta, si ferma davanti la porta di San Michele.

La strada arredata con fontane e sculture è ammirata dai contemporanei come un manufatto architettonico e viene così descritta dai viaggiatori che nell’ultimo scorcio del XVIII secolo scoprono la Sicilia.

Il più famoso è Johann Wolfgang Goethe, nell’isola nel 1787, che tace sui mosaici del duomo ma non sulla strada, e scrive «oggi siamo saliti a Monreale: magnifica via fatta costruire dall’abate del monastero in tempi di grande abbondanza, larga, di comoda salita, con alberi a destra e a sinistra, ma soprattutto provvista di copiose fontane e getti d’acqua con fregi e ornamenti».