Il significato di un Cammino oggi

Il momento storico che il mondo sta attraversando non ci consente di far finta di nulla, tutte le nostre abitudini sono messe in discussione e vanno ripensate. Il turismo, una delle attività più importanti e sicuramente strategica nel nostro Paese, dovrà affrontare grandi difficoltà. Secondo alcuni dati recentissimi (Stime OCSE su dati UNWTO) i movimenti turistici e le attività economiche che gravitano nel settore registrano un meno 80%, ma le difficoltà non possono bloccare i progetti di chi vuole ripartire.

Come gli esperti non si stancano di ricordarci, molto dipenderà dalle condizioni di sicurezza che saranno offerte: prevarranno forme di turismo lento e sostenibile, che non espongano ai pericoli derivanti dal sovraffollamento. La nuova domanda si rivolgerà a destinazioni minori ma ricche di storia e cultura; ai piccoli borghi, alle mete naturalistiche, ai parchi e ai Cammini lontani dalle masse.

Il nostro Cammino vuole essere questo, vuole essere valorizzazione del turismo lento e della storia del nostro territorio. E’ una sfida che vinceremo solo partendo dall’incontro e dalla collaborazione tra le persone, le  associazioni del territorio, le piccole comunità. Il concetto di lentezza, la sua importanza oggi, non è altro che il desiderio di riappropriarsi delle nostre tradizioni, del nostro cibo, della nostra identità.

UN CAMMINO NELLA STORIA

Tutto è cominciato dalla lettura storica del Vademecum del visitatore dei luoghi dove si svolsero le operazioni militari di Giuseppe Garibaldi dall’arrivo a Renda all’assalto di Palermo di Pietro Merenda. Il libro ci ha quasi suggerito di ricostruire l’itinerario e a renderci conto del suo valore paesaggistico, naturalistico e culturale. Ci ha pure spinti ad approfondire la storia dei Mille, a raccogliere notizie da altri testi, ad ascoltare voci a volte anche contraddittorie, a calarci dentro le dinamiche della spedizione e anche nelle logiche, nelle ragioni e nell’emotività dei protagonisti. 

Ricostruire il Cammino dei Mille è stato un lavoro abbastanza lungo, ci ha lasciato il tempo di riflettere anche sulle dinamiche della storia siciliana con una coscienza più ampia, meno vincolata all’attualità: è il valore aggiunto di un Cammino storico che può proseguire nei libri, e per questo aggiungeremo una bibliografia essenziale per dare anche ad altri l’opportunità di fare questo viaggio interiore. 

UN CAMMINO NELLA STORIA DELLA SICILIA

Il Cammino dei Mille è dentro la Storia della Sicilia, la attraversa, ne racconta uno dei momenti subito riconoscibili: la Sicilia garibaldina va in camicia rossa, è giovane, è generosa, vuole abbattere i tiranni e crede nella libertà. Abbiamo scelto di seguire i Mille e ci lasciamo guidare nel loro percorso, mettiamo da parte i pre/giudizi e osserviamo il compiersi degli eventi. Cominciamo col ridare la parola ai protagonisti: a ogni tappa ne ascolteremo il racconto, osserveremo il paesaggio con i loro occhi ed è il paesaggio che ci viene incontro, reclamando  il proprio diritto a un’identità più complessa.

Seguiamo i Mille su una terra che ha visto passare gli eserciti invasori, una terra che ha vissuto il disincanto derivante da troppe conquiste. Una terra che ha regalato a molti il sogno di poter dominare un’isola importante perché al centro del mondo, quando essere in mezzo al Mediterraneo equivaleva ad essere il cardine per ogni sogno di dominio su vasta scala.

Oggi ripercorrere il cammino dei Mille, attraversare paesaggi che in buona parte hanno conservato la loro bellezza, coincide col seguire anche le orme di altri eserciti che si sono avvicinati a Palermo percorrendo le stesse vallate, osservando il profilo delle stesse montagne. Abbiamo scelto i Mille ma sappiamo che il nostro itinerario segue anche altre e più antiche tracce. Forse, i primi a trovare il passaggio fra le montagne con l’obiettivo di sorprendere l’esercito nemico furono i Fenici. O forse i Greci, che in quell’epoca lontana in cui Siracusa arrivò a essere più grande e ricca di Atene avevano trovato nella Sicilia la loro America. Forse furono i Goti, o forse gli Arabi che videro nella Sicilia la loro terra promessa. Magari furono gli Spagnoli, più vicini al nostro tempo e molto meno mitici, pronti a vendere ogni cosa per finanziare le loro interminabili guerre, che circondarono la Sicilia con torri di avvistamento per scrutare il pericoloso mare da cui sempre potevano sbarcare i nemici.

Seguiamo i Mille e sappiamo che il Cammino coincide con uno dei volti di questa terra che accoglie e consola, che illude, che ferisce e poi guarisce ogni male.

UN CAMMINO NELLA STORIA DEI MILLE

Siamo agli inizi del  1860: è l’anno fatidico in cui si raccolgono i frutti del Risorgimento, ma i protagonisti ancora non lo sanno. Spinto da alcuni fallimenti politici e da una complicata vita sentimentale Garibaldi si è ritirato a Caprera, anche se in tanti chiedono la sua presenza: soltanto l’eroe che trasforma in leggenda ogni impresa può riuscire in un piano che ha molto di azzardato. Si progetta di conquistare un Regno che occupa tutto il Meridione d’Italia con un esercito di volontari, che saranno eroici e volenterosi ma sempre di volontari si tratta. E di fronte avranno un esercito di professionisti.

Garibaldi resiste alle pressioni, crede che non sia ancora il momento giusto. Ma il tempo incalza, a fine marzo Cavour ha ceduto Nizza e la Savoia alla Francia. Arriva la notizia che il 4 aprile è scoppiata una rivolta di popolo a Palermo, alla sua guida c’è il fontaniere Francesco Riso: una rivolta finita nel sangue, con la condanna di tredici uomini.

Seguono giorni pieni di nervosismo, di indecisioni. Garibaldi è incerto. Si convince all’impresa grazie all’intervento di tre siciliani che nel 1848 avevano fatto parte del governo rivoluzionario, Francesco Crispi, Rosalino Pilo e Giuseppe La Masa. Una volta presa la decisione bisogna agire al più presto, la partenza è fissata per il 5 maggio.

Intanto il governo borbonico sta attraversando una grave crisi finanziaria e diplomatica, a Palermo la ribellione è nell’aria. Si combatte ogni notte anche se ancora non si spara un colpo, in Sicilia sono appena arrivati Rosalino Pilo e Giovanni Corrao che mantengono alta la tensione: diffondono la notizia del prossimo arrivo di Garibaldi, organizzano squadre, accendono grandi falò sulle montagne che circondano Palermo. Ogni notte più numerosi, quei fuochi annunciano alla città che le montagne sono piene di insorti. E senza colpo ferire diventano il perno della guerra psicologica che spiana la strada ai Mille: mentre Garibaldi avanza verso Palermo,  sino all’ultimo la sua marcia è sostenuta da Rosalino Pilo e da Giuseppe La Masa che lo precedono controllando le montagne.

Nel nostro Cammino seguiamo i racconti coevi alla spedizione, soprattutto Le noterelle di uno dei Mille di Giuseppe Cesare Abba. La partenza dalla piazza di Monreale ci lascia entrare in questo particolare libro di storia, da leggere con tutti i nostri sensi attraverso paesi e città che allora furono protagoniste.

Naturalmente la Storia è molto più complessa dei semplici racconti e nelle vicende della spedizione entrano in gioco molte realtà – anche quella che oggi definiamo mafia – e tanti personaggi. Buona parte dei garibaldini proveniva dalla Lombardia, dal Veneto e dalla Liguria, per alcuni di loro abbiamo un ricordo lungo i luoghi del Cammino: Antonio Pievani da Tirano (Sondrio) al passo di Renda, Rosalino Pilo e Corrao a San Martino (Monreale ), ed è Giuseppe Cesare Abba a ricordare padre Carmelo sulle alture di Altofonte.

Il Cammino chiude il suo percorso a Palermo, proprio sotto il campanile della chiesa della Gancia:  dove il 4 Aprile 1860 uomini del popolo suonarono  le campane chiamando alla rivolta in nome dell’Unità d’Italia.

UN CAMMINO NEL PAESAGGIO

I monti che circondano Palermo s’innalzano rapidamente dalla conca d’oro e nell’arco di qualche chilometro sono numerose le vette che superano i mille metri: Monte Giblmesi, la Pizzuta, il Carpineto, la Moarda e più all’interno la Rocca Busambra che supera i 1600 metri. Dai loro crinali svettano spesso falesie calcaree rossicce che s’incendiano alle prime ore del mattino e al tramonto.

Il nostro Cammino s’inerpica e si avvolge in queste montagne, se ne allontana per raggiungere la Rocca Busambra e infine vi ritorna offrendo paesaggi a volte molto ampi, che spaziano sul golfo di  Palermo o sul vasto territorio collinare interno. Oppure, più spesso, il Cammino s’insinua in strette valli boscate o zone agricole, su gole dove ogni svolta del sentiero offre uno spettacolo nuovo e inaspettato. Non aspettatevi di poter contemplare a lungo lo stesso paesaggio, tutto cambia velocemente e per cogliere i suoi mutanti giochi di forme non ci si può certo distrarre.

A differenza delle periferie di Palermo, dove nell’ultimo mezzo secolo molti dei vecchia agrumeti sono stati distrutti per far posto a una galoppante e caotica urbanizzazione, il nostro percorso si sviluppa in aree che hanno mantenuto la loro vocazione boschiva o a pascolo. In molti casi si può rilevare come l’opera di rimboschimento avviata dall’Azienda Foreste demaniali della Regione Siciliana ha nettamente migliorato il contesto naturalistico.

È stato un bel gioco evidenziare questo processo, mettendo a confronto il paesaggio fotografato da Pietro Merenda all’inizio del Novecento con la situazione attuale.

Alcune di queste foto a confronto le trovate nella photogallery.

UN CAMMINO NELLA NATURA

Escludendo i brevi tratti urbani dei paesini che si attraversano e l’arrivo a Palermo, il Cammino si sviluppa interamente in  aree montane e collinari con vasti tratti boscati che si alternano a pascoli e zone agricole, per lo più seminativi, vigneti e oliveti ma anche vasti agrumeti: erano la coltura tipica del circondario di Palermo, da cui discendeva il famoso appellativo di “conca d’oro”.

Appena fuori, infatti, Monreale ci si addentra in un bosco adulto di conifere che si sta tentando di convertire a latifoglie, dove il pino d’aleppo (Pinus Alepensis), il pino domestico (Pinus pinea) e il cipresso (Cupressus sempervirens) si fondono con esemplari giovani di latifoglie: roverella (Quercus pubescens), leccio (Quercus ilex)

Il bosco di conifere, con qualche residuo delle antiche foreste di latifoglie è caratteristico dei monti che circondano Palermo. L’Azienda Foreste demaniali della Regione Siciliana, istituita nel 1949, ha notevolmente ampliato e migliorato queste aree boschive.

Buona parte delle prime quattro tappe si svolgeranno all’ombra di questi boschi profumati dal ricco sottobosco. Numerose le essenze, tra le più frequenti l’asparago (Asparagus acutifolius) , l’aglio selvatico (Allium sub hirsutum), il finocchio selvatico (Foeniculum vulgare), l’origano (Origanum vulgare), la ginestra (Spartium Junceum), la rosa canina (Rosa arvensis), le orchidee selvatiche (Orchis tridentatalo e Orchis longicornu), l’iris e ombelico di Venere (Umbilisus rupestris), il biancospino, l’asparago spinoso, il prugnolo e l’erica arborea.

Ben diverso il contesto di alcune  tappe successive. La sesta e l’ottava tappa sono quasi interamente all’interno della  “Riserva naturale orientata Bosco della Ficuzza, Rocca Busambra, Bosco del Cappelliere e Gorgo del Drago”, testimonianza della foresta mediterranea sempreverde che un tempo ricopriva queste zone.

Qui il bosco di querce caducifoglie è costituito essenzialmente dalle specie che afferiscono al gruppo delle roverelle, cui si associano la sughera, l’acero campestre e il frassino meridionale. Troviamo anche il leccio e l’orniello, il cerreto e un  folto e scuro sottobosco dove, oltre alle essenze prima citate, si possono incontrare specie più rare come il fiordaliso della Busambra dalle corolle rosse, la camomilla delle Madonie, la finocchiella di Boccone, la perlina di Boccone, il ciombolino di Sicilia, l’atamanta siciliana, l’armenia di Gussone e la bocca di leone siciliana. In tutta la zona montana e in particolare nella riserva naturale di Ficuzza vi è una ricca la fauna.

Tra i mammiferi ci sono la volpe, la martora, la donnola, il cinghiale e l’istrice. Tra gli uccelli la cinciarella, la cinciallegra, l’upupa, il merlo, il rampichino, la ghiandaia, l’usignolo e il gheppio, il nibbio bruno e il nibbio reale. Tra i rettili la lucertola campestre e la lucertola sicula, il ramarro, il gongilo e la luscengola, il biacco, la vipera e il colubro d’Esculapio

Nelle ultime due tappe si torna ai territori collinari e infine alla piana di Palermo, dove gli uliveti fanno posto alla coltivazione del mandarino, il tardivo di Ciaculli: sino alla fine, alla periferia della città, il Cammino offre un salto nella storia di Palermo portandoci nel regno degli agrumi siciliani.